Non si coprono i disastri di vent’anni di cattiva amministrazione svendendo i beni comuni.
Articolo a cura del Direttivo del Comitato Ascolto & Partecipazione
Di recente il Sindaco e la Giunta sono ritornati sul tema, dolorosissimo per noi, delle alienazioni di beni pubblici e lo hanno fatto con toni entusiasti, quelli che si usano per le grandi idee e i grandi progetti. Il concetto che dovrebbe passare è che si vende, o meglio svende, ciò che è inutile, ingombrante, ciò di cui non si ha bisogno, per investire in belle imprese, figlie di una straordinaria visione di città, razionalmente programmata. Ma le cose stanno diversamente: il comune è pieno di debiti, per inefficienza, inefficacia, negligenza e sostegno ripetuto ai soliti noti. Si è governato male, anzi malissimo. Un esempio folgorante è il problema Saba su cui è inutile ritornare, ma si potrebbe anche parlare, su una scala più piccola, delle spese fatte nell’edificio CIIP per trasferire alcuni uffici comunali, dove un intero piano è stato integralmente ristrutturato a spese del Comune, cioè dei cittadini, e a vantaggio dell’Ente ospitante, a cui tra l’altro adesso si paga anche l’affitto. E’ questo che probabilmente l’amministrazione intende per ottimizzazione delle risorse! Tanto paga Pantalone!
Così i cittadini ascolani rischiano di perdere delle proprietà che sono loro.
Per citare solo uno dei 14 beni che andranno all’asta a breve parliamo dell’ex Gil (con annessa multisala Odeon), ma in totale il Piano delle alienazioni prevede ben 40 proprietà da vendere e in cima alla lista ci sono anche le due Ville Sgariglia, quella di Piagge e il gioiello di Campolungo, che invece potrebbe essere affidato in gestione ad ascolani e produrre reddito, rimanendo comunque di proprietà pubblica. Cosa dovremmo dire di chi sperpera la propria ricchezza per poi ripianare i debiti vendendo i beni degli altri, magari anche casa nostra? Chi sbaglia non paga! Ecco il grande progetto dell’amministrazione Fioravanti, come delle precedenti. I cittadini dovrebbero indignarsi per tale leggerezza. Inoltre tutto ciò a quale narrazione della città ci porta? Quale vocazione si è indicata? Attraverso quali percorsi intendiamo riportare sul territorio imprese e soprattutto giovani volenterosi? Se il nostro destino è nel turismo (visto che non sembra trovarsi né in agricoltura, né in industria al momento) perché vendiamo ai privati opportunità nel settore, rinunciando, per un piatto di lenticchie, a parti del nostro patrimonio artistico? Ancora una volta si naviga a vista.